PIETRASANTA. Rinviati a giudizio, sia il dirigente dell’Asl Ida Aragona sia il responsabile del servizio acquedotto di Gaia Francesco Di Martino. Il 3 luglio dovranno comparire davanti al tribunale di Lucca per difendersi dall’accusa di avvelenamento colposo delle acque destinate al consumo umano. Il gup Riccardo Nerucci, al termine di una lunga udienza preliminare (prima convocazione nel dicembre di due anni fa), ha accolto la richiesta formulata dal pm Lucia Rugani nei confronti dei due imputati.
Omissione d’atti d’ufficio. Due i capi di accusa a carico di Ida Aragona, sotto processo per i fatti avvenuti quando era dirigente dell’unità funzionale di sicurezza alimentare e sanità veterinaria dell’Asl 12: oltre al concorso nell’avvelenamento colposo delle acque, anche l’omissione di atti d’ufficio. Secondo il pm, la dirigente dell’Asl, ricevuta dall’Arpat il 23 maggio 2013 comunicazione dei risultati degli studi condotti dai docenti del dipartimento di Scienza della terra dell’università di Pisa che evidenziavano nella zona del bacino minerario ex Edem la presenza di forti concentrazioni di tallio nelle acque che si riversano nel bacino del torrente Baccatoio da cui attinge la rete pubblica, non avrebbe provveduto ad eseguire accertamenti sull’acquedotto di Pietrasanta.
L’acquedotto avvelenato. La dirigente Asl e Di Martino sono quindi accusati, con la loro condotta che secondo il pm sarebbe stata imprudente e negligente, di avere consentito, pur sapendo dallo studio dell’università di Pisa che le acque della sorgente Molini di Sant’Anna risultavano contaminate dalla presenza di tallio, che alimentassero la rete idrica di Pietrasanta esponendo così i cittadini al consumo di acqua potabile contaminata.
I reati contestati risalgono al periodo compreso tra il maggio 2013, quando l’Arpat informò l’Asl dei risultati dello studio dell’ateneo pisano e l’ottobre 2014, quando il sindaco Domenico Lombardi dovette firmare il divieto di bere l’acqua dai rubinetti di Valdicastello per la presenza del metallo velenoso.
La battaglia delle parti civili. Soddisfatte del fatto che le responsabilità per quanto accaduto vengano sottoposte al vaglio di un processo sono le parti civili, ovvero i tanti cittadini, singoli o riuniti in comitato come a Valdicastello, che sono pronti a chiedere i danni per i rischi e i disagi che hanno dovuto subire. Si tratta di decine e decine di persone, anche del centro storico e del Pollino che si sono affidate agli avvocati Gabriele Dalle Luche, Filippo Antonini, Andrea Giannecchini, Damiano Tucci, Luca Nannizzi e Letizia Bertuccelli.
Lombardi e Viti avevano ragione. L’allora sindaco Domenico Lombardi e l’allora assessore all’ambiente Italo Viti non poterono fare nulla per evitare quanto accaduto. Perché, come sottolinea l’avvocato Dalle Luche che tutela un gruppo di cittadini che si è costituito parte civile, non furono informati correttamente di quello che stava avvenendo. Come ha riferito in aula durante l’udienza preliminare Di Martino, fu lo stesso dirigente di Gaia a fuorviare gli amministratori comunali dicendo loro che potevano stare tranquilli circa l’allerta lanciata dalla ricerca dell’università di Pisa. Allerta che invece poi si rivelò più che fondata.