PRATO. La ricetta del tiramisù di nonna Nubia se l’è portata in riva all’oceano, nel paradiso dell’isola di Flores. Ha viaggiato per 12mila chilometri fino ad approdare nel menù del ristorante “Made in Italy”, a Labuan Bajo (Indonesia) . Chissà se il segreto stia nei pavesini o nel mascarpone, quel che è certo è che con quel tiramisù casalingo che definisce “potentissimo”, Marco Bertini prende per la gola i suoi ospiti.
Tutto è iniziato nel 2007 quando Marco, diploma di istituto alberghiero in tasca, risponde a un’inserzione di lavoro pubblicata sul Tirreno di Prato. All’epoca cercavano personale in un ristorante di Bali e per Marco, che aveva già lavorato al ristorante “Sasso d’Oro” e al “Vecchio Casale” di Poggio a Caiano, poteva essere l’occasione d’oro. Questa non è però solo la storia del pratese con la valigia che tenta la fortuna dall’altra parte del mondo aprendo il classico ristorante italiano. Un ristorante lo ha aperto sì, ma uno a terra, “Made in Italy — Flores” (dove due mesi fa si è fermato a mangiare anche il grande pilota Valentino Rossi, lì in vacanza) , e uno... sulla barca. Stessa insegna, doppio investimento. Il primo nel 2011 e il secondo nel 2012. “Made in Italy — The Boat” è una barca speciale ormeggiata al porto di Labuan Bajo. Unisce il piacere della cucina italiana all’esperienza di un viaggio nell’arcipelago corallino del Parco di Komodo, quello celebre per i draghi. A bordo del mezzo sale sempre lui, lo chef pratese che si diletta ai fornelli mentre i suoi commensali (la barca è predisposta per accogliere fino a un massimo di dieci prenotazioni) si rilassano tra una nuotata e un’altra.
«Scegliamo il tragitto tra le isole in base al vento ma la barca non esce mai senza me», spiega il giovane chef pratese. Nell’estate 2012 entra in funzione così il ristorante “Made in Italy — The boat”. Otto mesi fa Marco, sposatosi nel frattempo con una ragazza indonesiana, ha trasferito il ristorante a terra, spostandosi dalla zona del porto alla quella di Pede Beach, sempre a Labuan Bajo. Marco ormai è diventato un imprenditore a tutto tondo che dà lavoro a una trentina di persone, tra i due ristoranti e persino due fattorie che gli servono per portare sulla tavola i piatti della tradizione del Belpaese. Così, per gli spaghetti alla carbonara utilizza il guanciale fatto in casa e le uova provenienti dalle galline del suo orto. Pasta rigorosamente fatta in casa mentre per il risotto alla trevigiana utilizza il radicchio del suo campo. Per far crescere lattughe, cicorie, basilico e radicchio si fanno i salti mortali visto il clima di laggiù. E anche il mascarpone per la ricetta del tiramisù caro alla nonna è prodotto “a chilometro zero”, in fattoria. «Sto lavorando per aprire una bottega alimentare con i miei prodotti accanto al ristorante», annuncia Marco che ha nel Dna l’intraprendenza tipica dell’imprenditore pratese. «Non rinnegherei mai la città dove sono nato. Confesso che mi sarebbe piaciuto aprire un ristorante tutto mio a Prato ma se mettiamo a confronto i costi d’investimento non c’è partita...».