PRATO. Nubi nere si addensano all'orizzonte della Banca popolare di Vicenza, l'istituto di credito che alcuni anni fa ha inglobato la Cassa di risparmio di Prato e che conta il maggior numero di sportelli nella provincia. La banca ha presentato infatti un piano industriale che prospetta la chiusura di 150 filiali e mette in conto circa 200 esuberi tra i dipendenti. Ad aggravare il quadro ci sono le dimissioni presentate dall'amministratore delegato Samuele Sorato, sulla cui sorte si pronuncerà ora il consiglio di amministrazione convocato per martedì 12 maggio.
Le brutte notizie sono arrivate nel corso di una riunione venerdì 9 a cui erano presenti il presidente Gianni Zonin e i rappresentanti sindacali di Dircredito, Fabi, Cigl e Cisl. Il piano industriale vero e proprio verrà presentato ai sindacati lunedì 11, ma i primi numeri sono da brivido: 200 eusuberi, 150 filiali da chiudere, 60 operative solo al mattino.
Secondo il Corriere della Sera, che ha dedicato un lungo articolo alla Popolare di Vicenza, sulla scelta dell'amministratore delegato di presentare le dimissioni potrebbero aver pesato dissidi col presidente Zonin ma soprattutto la pressione della Banca centrale europea che dall'inizio dell'anno ha avviato un paio di ispezioni nella sede centrale. Una terza ispezione è stata avviata il 22 aprile dalla Consob, l'autorità che vigila sulla Borsa. Al centro delle verifiche, informa sempre un documento della banca depositato venerdì, il funzionamento della procedura usata per fissare il prezzo delle azioni, la gestione degli ordini di vendita delle azioni dai clienti e la valutazione dell’adeguatezza dei loro investimenti.
A Prato, e non solo, aveva fatto molto discutere la decisione della Popolare di svalutare del 22% le proprie azioni, da 62,5 a 48 euro, con un danno di alcuni milioni di euro per la Fondazione CariPrato e per centinaia di piccoli e medi risparmiatori pratesi. La Popolare ha chiuso il bilancio 2014 con 758 milioni di perdite.
Ma per Prato le conseguenze del riassetto della Popolare di Vicenza, che dovrà diventare una società per azioni, come vogliono le recenti disposizioni del governo, potrebbero essere meno pesanti di quanto queste notizie farebbero credere. Vediamo perché.
Da quanto è stato possibile ricostruire, nel corso dell’incontro di venerdì i vertici della banca (il presidente Zonin si è limitato a un saluto) hanno prospettato ai rappresentanti sindacali tre scenari. Il primo prevede che la Popolare resti autonoma e si regga sulle proprie gambe dopo aver chiuso sportelli e accompagnato alla pensione gli esuberi. Il secondo, che al momento sembra più probabile, prevede la fusione con un’altra banca popolare non ancora quotata in borsa. Da mese si parla infatti di una possibile fusione con Veneto Banca. Il terzo scenario prevede infine la fusione con una banca popolare già quotata in borsa.
Se prevalesse il secondo scenario e si andasse alla fusione con Veneto Banca, la logica e la convenienza dicono che la maggior parte degli sportelli verrebbero chiusi nel Veneto, dove le due banche si sovrappongono (altrimenti ci penserebbe l’antitrust a sanzionare eventuali situazioni di monopolio). Per quanto riguarda gli esuberi, invece, sarebbero spalmati su tutte le filiali. Non pare un caso che Veneto Banca, ancora prima di Vicenza, abbia fatto un’operazione simile annunciando la chiusura di 170 sportelli e numerosi esuberi. Insomma, si starebbe preparando un matrimonio, anche se non è stato ancora deciso chi sarà il marito e chi la moglie.
Attualmente BpVi ha 36 sportelli e circa 350 dipendenti a Prato (93 sportelli in Toscana e 950 dipendenti).
In caso di fusione, chi ha un conto corrente o ha stipulato un mutuo ha diritto a mantenere le stesse condizioni. In caso contrario ha 60 giorni per recedere dal conto.