PISA. Da una parte il progressivo sgombero del campo abusivo di via Maggiore, tra Ospedaletto ed Oratoio. Dall’altro i camper dei rom che stazionano nel quartiere Pratale-Don Bosco provocando il risentimento dei residenti. Si deve pensare che chi esce dal campo arriva in roulotte in città? «Assolutamente no. Non c’è correlazione. Le persone che aiutiamo ad uscire dall’insediamento di Oratoio si integrano nella società e spesso cambiano città. I camper riapparsi a Pratale-Don Bosco sono presenze estemporanee, nuclei familiari di altre città arrivati a Pisa anche in passato. Situazioni comunque attenzionate dalla Polizia municipale». A parlare è Gianna Gambaccini, assessore al sociale e presidente della Società della Salute zona pisana.
L’argomento rom è costantemente sul suo tavolo. L’assessorato coordina gli operatori dei servizi sociali della SdS e il lavoro di mediazione della cooperativa “Il Simbolo”. Nel frattempo i numeri dicono che delle 280 persone presenti nel campo abusivo a febbraio scorso, 131 sono uscite ed altre 72 hanno già un progetto di uscita. Il programma del sindaco Conti dice di «procedere celermente al superamento definitivo». Le norme nazionali, fa notare Gambaccini, «sicuramente ci sono venute incontro: in particolare la direttiva del ministero dell’Interno dell’1 settembre 2018 ci ha dato gli strumenti per produrre atti finalizzati a tale scopo». Si tratta della direttiva che detta le linee di indirizzo da adottare in caso di occupazione arbitraria di immobili o terreni, come ad Oratoio. In particolare prevede, per gli occupanti che non si trovino in condizioni di fragilità, la possibilità di ricevere forme di assistenza mirate all’individuazione di soluzioni alternative di alloggio da proporre prima dello sgombero.
Infatti, con atti specifici è stata prevista «la possibilità - spiega Gambaccini - che il Comune possa contribuire economicamente, per coloro che ne hanno titolo, a trovare sistemazioni alternative. Il lavoro straordinario dei servizi sociali ha fatto il resto. Un enorme impegno basato su capacità di mediazione e colloqui individuali utili a capire le potenzialità di ogni singolo nucleo familiare. Una volta stabilita una relazione di fiducia è più facile trovare soluzioni e sostenere le motivazioni ad uscire da quel mondo, nella gran parte dei casi l’unico che queste persone hanno conosciuto. Si pensi che alcune giovani famiglie, nate e cresciute in quell’insediamento, ci hanno ringraziato per averle sostenute a costruirsi una vita diversa». Dunque, riprende l’assessore, «grazie all’intervento dei servizi sociali si sono ottenuti già risultati importanti attraverso progetti di vita e non azioni di polizia che avrebbero creato problemi di ordine pubblico, azioni comunque da non escludere in caso di necessità. Un conto sarebbe stato sgomberare 280 persone, un altro solo poche decine. Ringrazio tutto il Servizio Sociale, la dottoressa Atzeni ed i suoi collaboratori. Oltre naturalmente i colleghi di giunta che a vario titolo se ne occupano, così come tutte le forze dell’ordine».
Ma cosa risponde l’assessore all’accusa di essere una giunta che discrimina? «Penso che i veri discriminatori sono quelli che hanno tollerato per anni che molte persone permanessero in una condizione di disagio e povertà in quegli insediamenti. Disagio manifestato soprattutto da indicatori di malessere dei bambini come l’emergere di atteggiamenti delinquenziali, l’alto tasso di dispersione scolastica, le condizioni igieniche oltre il limite di tolleranza. Credo che l’unica lotta all’emarginazione sia il superamento di questi insediamenti, l’accompagnamento delle persone che hanno titolo e volontà verso vite e luoghi maggiormente dignitosi». —
F.L.
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