massa. Stava guidando in auto, al telefono con la moglie, quando si è accostato sul lungomare a Marina. Da una strada laterale è spuntata un’auto, una Golf. È sceso un uomo e senza nemmeno un parola con una mazza ha cominciato a colpire il mezzo accostato: vetri, paraurti. Una sgommata e via, con la mano che trema mentre chiude la chiamata con la moglie e cerca di fare il numero di emergenza dei carabinieri.. È il racconto di un testimone durante il processo per lo sfruttamento della prostituzione partito lo scorso maggio dopo un’operazione dei carabinieri che ha sgominato una banda di rumeni accusati di gestire un giro di prostitute a Marina di Massa. Gli imputati sono: Claudiu Toni Cretu, Dumitru Titi Cretu, Ana Maria Cretu, Claudiu Andrei Anusca, Narcis Costinel Totilca, Ionut Cosmin Cretu, Ionut Erico Nica, Marian Irinel Vinca, George Cristian Cobzarencu e Viorel Mihail.
Questo, per gli inquirenti, era il modus operandi: il viale veniva diviso in zone e ciascuna di quelle zone era "coperta" dalle loro ragazze. Le mogli e le fidanzate sono "privilegiate": nel tratto in cui "lavorano" loro non avevano concorrenza e i clienti potevano portarli in luoghi più intimi, in uno dei tre bilocali di cui il gruppo ha disponibilità.
Il testimone ascoltato ieri in aula di fronte al collegio, composto dal presidente Ermanno De Mattia e le giudici a latere Antonella Basilone ed Elisabetta Congiusta, si è trovato ad avere a che fare con alcuni membri del clan quella notte. Il collegamento, per gli inquirenti, è proprio quella Golf che anche in altre testimonianze, oltre che dagli accertamenti svolti dai carabinieri, è stata riconosciuta come nella disponibilità dei membri del clan.
La pm Alessandra Conforti prova a fare ricostruire la serata di paura all’uomo. «L’auto era di mio fratello - racconta l’uomo - da una strada interna è venuta fuori quell’auto. Io mi ero accostato un attimo e lui è sceso con un bastone cominciando a colpire la macchina».
La pm vuole sapere se lui era lì per adescare una delle ragazze, perché viene fuori che una donna che si stava prostituendo era in effetti ferma a pochi passi dal punto in cui stava sostando. «Non ho scambiato nemmeno un’occhiata né una frase con la donna. Sì, mi è sembrata una prostituta. Io però sono ripartito subito, appena ha cominciato a dare bastonate all’auto ho premuto sull’acceleratore e lui m’inseguiva. Al telefono con i carabinieri sono arrivato in caserma e ho fatto denuncia di quanto è accaduto». L’uomo ha ammesso che occasionalmente era andato sul lungomare per accompagnarsi alle donne, ma ha ripetuto più volte che non lo ha fatto la sera in questione.
Il processo è stato rinviato al 27 novembre quando sarà ascoltato uno dei carabinieri che hanno condotto l’indagine. —
Libero Red Dolce