LIVORNO. Slitta il deposito della super consulenza richiesta dalla Procura a un pool di esperti per ricostruire dinamica, genesi, gestione dei soccorsi e soprattutto eventuali responsabilità e omissioni nell’alluvione che ha colpito Livorno il 10 settembre scorso ed è costato la vita a nove persone. I novanta giorni richiesti inizialmente dai cinque ingeneri nominati dai pubblici ministeri Antonella Tenerani e Giuseppe Rizzo nell’ambito dell’inchiesta per disastro colposo e omicidio colposo sono scaduti ieri, ma da via Falcone e Borsellino fanno sapere che i primi di dicembre è stata depositata la proroga per ulteriori ottanta giorni.
Dunque, facendo due calcoli, le risposte alle molte domande inserite dai magistrati nell’incarico dovrebbero arrivare i primi marzo. E per il momento – spiegano fonti investigative – il fascicolo è ancora contro ignoti. Ecco perché pare di capire che solo quando sarà depositata la consulenza gli investigatori decideranno se e chi iscrivere nel registro degli indagati sempre che venga trovato – come recita il codice – un nesso di casualità e una responsabilità soggettiva. Detto in un altro modo: se la negligenza di qualcuno, a cominciare da chi aveva la responsabilità di vigilare e tutelare la sicurezza dei cittadini, abbia innescato un principio di causa-effetto provocando la morte di una o più persone.
Un lavoro, dunque, lungo e delicato perché sono molti gli aspetti sui quali sia gli ingegneri che la polizia giudiziaria, anche qui è stato creato un pool ad hoc tra diverse forze di polizia, stanno lavorando. A cominciare da quello idrogeologico ed edilizio (qui il rischio è che eventuali reati possano risultare prescritti), fino a ciò che e avvenuto tra le 21,39 quando il centro funzionale di monitoraggio della Regione ha lanciato il primo allarme alla protezione civile livornese e le 5,40 quando è esondato anche il Rio Maggiore.
Addirittura sono due le inchieste aperte: la prima coordinata dalla pm Tenerani dovrà focalizzare l’attenzione proprio sulle cause dell’esondazione del Rio Maggiore e la morte della famiglia Ramacciotti, rimasta intrappolata nel piano terra della villa all’incrocio tra via Rodocanacchi e viale Nazario Sauro. Il collega Rizzo invece si occupa della zona tra il Rio Ardenza e il Rio Popogna e dunque delle altre quattro vittime, visto che il decesso di Matteo Nigiotti fa parte di un ulteriore fascicolo.