LIVORNO. Patrizio Tofani, ex presidente di Basket Livorno srl risponde al telefono alle 19,30 di venerdì. Per quasi un’ora racconta la sua vita dentro la società di cui ha fatto parte tra il settembre 2007 e l’ottobre 2009 quando è scomparsa: gli incontri con il sindaco Alessandro Cosimi, la presunta doppia contabilità che la finanza gli contesta e il giro di fatture agli atti del procedimento per cui è indagato. E se gli chiedi se ha un rammarico risponde: «Quello di essere andati avanti, invece di chiudere prima».
Dalle carte emergerebbe una doppia contabilità al 31 dicembre 2007: una ufficiale per la Commissione tecnica della Fip e una reale.
«Tenga presente che io sono entrato a settembre 2007. Qui si parla di tre mesi dopo. Ho preso visione della cosa. Potrei anche essermi sbagliato su qualche conto. In ogni caso, secondo me, non hanno ben inquadrato il discorso della Commissione Tecnica di controllo della Fip. Loro ritengono che ci siano due contabilità. Non è vero, è stato messo anche nelle memorie dell'avvocato Mannucci, che rappresenta Basket Livorno in sede civile».
Come fanno i conti a tornare?«A Comtec non interessava il debito contributivo, bastava che l'Ente rilasciasse il certificato che era tutto regolare, al di là delle rateizzazioni. Una sorta di Durc, la regolarità contributiva, anche se all'epoca non c'era. Con questa regolarità Comtec non andava a verificare se il debito era zero o un milione di euro».
La Finanza però sospetta che i conti fossero truccati o comunque corretti?
«No, questo no. C’era solo la volontà di capire quale fosse l'esposizione debitoria reale. Ho cercato di andare nei meandri del problema. In questa ottica ho riesumato tutti i debiti del passato che erano qualche cosa in più di quelli che credevamo: sono venute fuori cartelle esattoriali con interessi e sanzioni. Quando abbiamo fatto i bilanci definitivi abbiamo inserito tutte queste voci maturate negli anni».
Nel suo pc sono stati trovati documenti indirizzati al sindaco Alessandro Cosimi attraverso i quali lo informava della situazione debitoria di Basket Livorno. Questi file li ha consegnati a Cosimi?
«Diamine che glieli ho spediti. Erano scambi tra me e il sindaco che erano normali anche in quel contesto, dove io facevo presente alcune criticità e riportavo la situazione. Cosa ravvisa la finanza non lo so. Le faccio alcune riflessione. Lei conosce l'andamento di una società sportiva. Io informavo il sindaco al di là della contabilità che io, tra l'altro, non avevo sotto mano, almeno quella reale. Io mi occupavo dei soldi che mancavano, quindi per me era un discorso di cassa. Lo aggiornavo dicendo: c’abbiamo questo da pagare. Ma questi documenti non ce li ho più e non sono cosa ci ho messo dentro. Erano dei file che non avevano a che vedere con il bilancio che viene fatto due volte l'anno, lì erano situazioni che io aggiornavo. Glieli portavo. Quando era il momento mi chiedeva lui stesso di essere aggiornato, lo faceva nell'interesse del basket, ed era giusto che sapesse».
In uno dei messaggi sequestrati “Caro Alessandro” chiede al sindaco di far ingoiare la fattura di Ecla.
«Quella della Ecla era una fattura reale che era da anni che veniva rimandata. Farla ingoiare vuol dire che la dovevano prendere. Perché era da prima che arrivassi io che questa fattura era stata messa in contabilità e poi era stata stornata. La Ecla aveva ristrutturato l'ex palazzo di vetro, io non avevo contatti. Il contatto diretto ce l'aveva il sindaco e avrebbe dovuto pigiare un pochino perché fosse accettata. Non era un problema di banca ma di regolarità contabile. Non potevamo rimandarla. Era una cosa inaccettabile. E poi io non ho mai avuto contatti con gli sponsor».
E chi se ne occupava?
«Se ne occupava la vecchia gestione, quando il Comune aveva più del 50% delle quote. Quando siamo entrati abbiamo trovato il contratto con Ecla, Unicoop e la stessa Tdshop. Erano stati fatti dalla vecchia gestione e erano contratti triennali, finiti con l'ultima stagione».
La Finanza contesta la sponsorizzazione di Unicoop attraverso la Master Segnaletica e la Egg per 180mila euro?
«È stato spiegato benissimo nel ricorso della società Basket Livorno e non posso entrare nel merito. Ora prima delle difese personali stanno difendendo la società da un attacco. Se io ho commesso qualcosa ne risponderò. Ma come dice lo stesso curatore si tratta di operazione neutra. Comtec non vuole sponsorizzazioni ma aumenti di capitali. Abbiamo fatto questa operazione per continuare l'iscrizione al campionato. Non hanno messo in evidenza l'Iva. Qui non c'è Iva nel versamento soci. Se considera l'Iva al 20% è stata versata. Come Egg è regolare, per la Master Segnaletica verificheranno».
Nei guai è finita anche la liquidatrice Anna Lisa Mazzola che viene definita una “testa di legno” dei fratelli Tofani?
«Intanto io ho una sorella che per fortuna ha tenuto per un anno la contabilità di Basket Livorno. Penso che la Mazzola non abbia fatto nulla fuori dalla norma, avevamo i fari della città puntati addosso.Purtroppo nessuno la rifonderà di queste cose. Se abbiamo sbagliato noi pagheremo, ma chi ha detto queste cose non pagherà anche se fossimo giudicati innocenti».
Si sente la coscienza a posto?
«Non posso fare diversamente. Lì dentro nel periodo in cui sono stato presidente che è stato breve e poi vice presidente, abbiamo sempre agito per mandare avanti la società. Forse un rammarico c'è: era meglio chiuderla prima invece di cercare di salvare la città dalla radiazione. Questo è stato l'errore. Dovevamo chiuderlo subito, non riaprire la stagione. Ma nessuno si è preso qualcosa o è messo in tasca nulla, anzi qualche soldo ce lo abbiamo messo».
Era l'uomo del sindaco dentro Basket Livorno?
«No, assolutamente, né con né contro. Ero l'uomo che ha trovato nel sindaco una persona da stimolare, perché mi sono subito accorto che quel meccanismo non poteva andare avanti. Questo sì. Ma se lo dice alla finanza mi incolpano subito: lei se n’é accorto ma non l'ha denunciato?».
Ma lei al sindaco ha detto che i conti non tornavano?
«Si, l'ho detto, era la mia funzione: se fino ad oggi siamo andati avanti in una certa maniera ora non si può più, bisogna cambiare. Ma il discorso era troppo più grande, non c'era una base. I miei discorsi con il sindaco sono andati al di fuori del semplice: ho bisogno di soldi o mancano. Con un basket senza una base che ti poteva rifornire anche di quote e soprattutto di giocatori come era stato Giachetti che era un patrimonio non potevi andare lontano. Non avendoci questa possibilità questo era un secchio vuoto che prima o poi quando qualcuno smetteva di metterci i soldi sarebbe successo quello che è successo. Eppure la situazione reale non preoccupava in quel momento, tra il 2007 e 2008».
Poi cosa è successo?
«Nel 2008 la campagna acquisti l’ha fatta Valterio Castelli. Con ovviamente delle grosse garanzie che ci sarebbero stati ulteriori sponsor».
Che non sono arrivati.
«Infatti. Ma la società è sempre andata avanti con l’idea che si trovava la sistemazione perché c'erano i portavoce del Comune che diceva: come siamo sempre andati avanti si va avanti anche quest'anno. Gli anni prima ce l'hanno fatta. Poi no. L'idea nostra era che la società fosse autonoma, che non avesse bisogno di getti di soldi per pagare gli stipendi all'ultimo minuto. Quando Castelli è uscito ho cercato di portare in fondo la barca a livello sportivo, per la città, per fargli finire il campionato. E quell'operazione che la finanza ha messo sotto inchiesta è un'operazione fatta per far passare dei soldi come finanziamento soci anziché come sponsor, ma è un'operazione neutra, non fraudolenta».
Che idea si è fatto di questa inchiesta?
«Non voglio entrare in polemica sul giornale, io mi devo difendere dalle accuse che mi fanno a livello personale. Vede, il problema è che qui per attaccare qualcuno stanno utilizzando il basket, il basket non serve certo per attaccare Tofani, di cosa se ne fanno di Tofani, chi rappresento?»
E allora chi vogliono attaccare, il sindaco?
Non so, specialmente sotto le elezioni perché vogliono utilizzare questa manovra. Il penale non è della società. Potevano dire a Tofani e alla Mozzola di difendersi. Tra l'altro il basket l'avrebbe subito questa ipotetica manovra. Invece stanno prendendo per buoni questi fogliettini che io facevo normalmente per dare una maggiore limpidezza al mio lavoro. Ci sono state un paio di mail e poi, più che altro, quando mi trovavo con il sindaco tre quattro volte l'anno. Mica tutti i giorni. Il nostro è un rapporto di correttezza: avevo piacere di illustrargli certe cose, anche perché - ripeto - non si poteva andare avanti in quella maniera e lui le stava a sentire, era vicino al basket. Per me il basket era un bene della città. Io non volevo niente e non gli ho chiesto nulla. Non sono politicamente esposto. Mi piaceva dare il mio contributo».
Per quanto sono proseguiti gli incontri con il sindaco?
«Per un anno, spesso c'era anche Castelli, due volte da solo. Gli altri erano incontri ufficiali, mica carbonari. Io ho fatto presente che il debito sommandosi non ci si faceva più».
Ma c'era una speranza di salvare la società?
«Puntavamo ai playoff di Legadue che avrebbero portato pubblico e sponsor. Forse abbiamo fatto una forzatura a continuare, poi volevamo vendere il titolo e chiudere. Ma si è mai domandato perché nessuno ha fatto istanza di fallimento in tre anni? Lo sapevano che i soldi erano stati dati a Basket Livorno e non ai singoli. Con il concordato ognuno prendeva il suo fardello e chiudevamo questo capitolo. E invece...».