Prende forma, a Capalbio, il nuovo consiglio comunale con 12 consiglieri, otto in forza alla maggioranza della lista Adesso per Capalbio del neo sindaco Settimio Bianciardi e quattro consiglieri di minoranza, due di Vivere Capalbio della lista di Marco Donati e due della compagine di Valerio Lanzillo de La Nostra Capalbio. La Piccola Atene, da lunedì, ha voltato pagina affidando il governo del paese a un “civico”, dettaglio che qualcuno a livello nazionale – stampa e tv – ha fatto passare sotto-traccia inserendo Capalbio tra i municipi “espugnati” dalla Lega. Forse un qui pro quo, forse una lettura grossolana.
È vero che alle elezioni europee la Lega a Capalbio ha spopolato con il 47, 2 per cento, ma la poltrona di primo cittadino è andata all’unico candidato che in campagna elettorale non ha voluto né appoggi partitici né apprezzamenti politici: né da sinistra – pur essendo lui un uomo ex Pd – né tantomeno da destra.
Il giorno dopo la proclamazione, Bianciardi libera il campo da equivoci e chiarisce le idee a chi sostiene che abbia vinto il Carroccio. «Ha vinto una lista civica – dice – Ogni membro della mia squadra non ha in tasca nessuna tessera di partito». Anzi, c’è di più: c’è il criterio con cui sono stati prescelti i componenti del team: «Non avere tessere, era la condizione perché facessero parte della mia squadra». Bianciardi, insomma, di marchi politici non ne vuole. Certo, l’outsider non nasconde il suo passato nel Pd – «Sono sei anni che non ho più la tessera del Partito democratico», aveva esordito il giorno della presentazione della sua candidatura – ma attualmente di tessere non ne ha.
Poi passa all’analisi del voto: se a Capalbio la Lega di Matteo Salvini ha agguantato per i seggi europei più del 47%, va da sé che ci siano stati elettori capalbiesi che per l’Ue hanno votato il Carroccio e per la poltrona di sindaco lui, il civico, l’uomo né di destra né (ormai più) di sinistra. Bianciardi confessa di avere amici leghisti, a Orbetello come a Grosseto ma questo che vuol dire? E ribadisce: «Non c’erano accordi con nessuno», né sotto la luce del sole, né sottobanco. Né con la Lega – che aveva dato il suo apprezzamento esterno al candidato Valerio Lanzillo, civico pure lui, talmente civico da aver avuto il coraggio di smentire il post Facebook di Salvini che lo voleva leghista – né con il Pd, che aveva il proprio candidato, Marco Donati, segretario dell’Unione comunale del Partito democratico.
Bianciardi, prima di correre per la poltrona di sindaco con una sua lista, aveva tentato un accordo con i suoi avversari per formare un solo gruppo che governasse per il bene di Capalbio. Sia con Lanzillo che con quello che doveva essere il candidato sindaco espressione del Pd, Alessio Teodoli, sia con l’esponente pentastellato Luciano Piccolotti.
Bianciardi aveva messo dei paletti: «A Piccolotti – dettaglia – avevo chiesto di lasciare il simbolo del M5s e a Teodoli di non mettere in lista né Marco Donati, né Luigi Bellumori». Niente accordo: lui è andato per la sua strada. E ha vinto. –