
Un luogo comune bolla Livorno come città poco toscana e molto meridionale: il capoluogo più a nord del sud, sento ripetere con un misto di compiacimento e di rassegnazione. Non sfugge che l’accezione sudista implichi di per sé una connotazione negativa. Rimanda alla carenza di lavoro, alla disoccupazione diffusa, ma anche a una scarsa propensione individuale quando si tratta di faticare. Luoghi comuni, appunto. Difficili da sfatare tra gli stessi livornesi.
La storia di Livorno, invece, è un concentrato di cosmopolitismo innovatore; potremmo dire che è stata una capitale della globalizzazione prima ancora che iniziasse l’era della moderna globalizzazione. Certo, il passato per quanto glorioso non paga il presente né soddisfa i bisogni di una comunità affamata di lavoro al pari del Mezzogiorno d’Italia, questo sì, è vero. Eppure esiste un tessuto produttivo di eccellenza internazionale, poco appariscente, di cui essere orgogliosi. Tutto inizia con il rapporto con il mare, con il grande scalo mediceo, una risorsa per l’intera Toscana. E da lì si dipana fino alla ricerca più sofisticata, ai confini dell’intelligenza artificiale.
Gli orizzonti della tradizione è dunque il titolo scelto per l’evento di giovedì prossimo il cui programma potete leggere
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. Organizzato da “Il Tirreno” in collaborazione con “La Stampa” e gli altri quotidiani GNN, il gruppo editoriale di cui il nostro quotidiano fa parte, è un’occasione molto particolare per ragionare sul presente e sul futuro prossimo. Gli abitanti di una città di mare sono abituati a scrutare