
Settemila emendamenti per bloccare la proposta di bilancio della Commissione europea che prevede un taglio La proposta prevede infatti che i fondi per finanziare la politica agricola comune, a prezzi correnti, ammontino a 365 miliardi di euro per il 2021-2027, pari a circa il 30% del budget dell’Unione, con una riduzione del 5 per cento rispetto all’ultima programmazione, circa 20 miliardi. Per l’Italia i numeri sono ancora più pesanti perché rischia di perdere il 6,9% dei finanziamenti, cioè circa 2,7 miliardi in meno a prezzi correnti. Secondo i calcoli della Commissione Ue, nel periodo 2021-2027 all’Italia arriverebbero 24,9 miliardi in pagamenti diretti, 8,9 miliardi per lo sviluppo rurale e 2,5 miliardi per le misure di mercato Ocm.
Come si è arrivati a questa situazione? Nella proposta di Bilancio della presentata ai primi di maggio dal commissario tedesco Gunther Oettinger si indicano nuove priorità: difesa, sicurezza comune, giovani, economia digitale, ricerca e l’innovazione. Per finanziare si ipotizza una spesa di circa 12 miliardi e, nello stesso tempo, si dovrà tener conto della Brexit e della cessazione dei contributi di Londra per altri 12 miliardi.
Italia a muso duro
Il 6 marzo la commissione agricoltura del Parlamento europeo è convocata per discutere di quella proposta che ha scatenato l’alzata di scudi del mondo agricolo; la persa di posizione di Spagna, Francia, Irlanda e Portogallo, Finlandia e Grecia che hanno sottoscritto un documento per chiedere di bloccare quel taglio. Durissima la reazione italiana: «Il governo italiano non firmerà mai un bilancio con tagli alla nostra agricoltura. L’agricoltira italiana non sarà sacrificata. Questo è un impegno del governo», ha dichiarato nei mesi scorsi il vicepremier, Matteo Salvini. E su questa linea si è arroccato anche il M5S.
Il fronte del no ai tagli ha trovato una sponda negli europarlamentari che hanno presentato 7000 emendamenti. Ma adesso sta crescendo il numero dei deputati che chiede un rinvio con la richiesta che sia il nuovo Parlamento, e il nuovo esecutivo, a decidere. Paolo De Castro, primo vicepresidente della commissione agricoltura del Parlamento europeo, ha lanciato un appello in questo senso: «Non ipotechiamo con decisioni affrettate l’importante riforma della politica agricola comune post 2020. Non sacrifichiamo la qualità del risultato finale alla rapidità delle decisioni». Dal suo punto di vista è necessario «assolutamente evitare di cadere nella ri-nazionalizzazione della Pac che, oltre a mettere in difficoltà numerose aziende, sminuirebbe il ruolo fondamentale del Parlamento».
L’incidenza sulle imprese
Sì vedrà. Quel che è certo è che alla vigilia delle elezioni di rinnovo dell’assemblea di Strasburgo fissate per la fine di maggio diventa difficile ipotizzare che si arrivi ad una posizione comune. Dunque è probabile che si vada al rinvio della decisione. Lo chiedono gli europarlamentari ma, soprattutto, lo chiedono i governi degli stati membri.
Ma che cosa rischia in concreto l’agricoltura italiana e le sue aziende? Una ricerca pubblicata sul sito della Rete di informazione contabile agricola mette in luce un’incidenza diversa rispetto alle colture e indicano i possibili livelli di rischio per ogni comparto. Si tratta di dati del 2014, cioè all’avvio dell’attuale programma europeo ma nel corso degli anni gli scostamenti sono stati minimi. L’olivicoltura è in cima alla classifica con oltre il 25% di incidenza delle sovvenzioni Pac (primo pilastro) sul reddito aziendale. Per quanto riguarda i cereali il peso degli aiuti Pac è del 24%, una percentuale che si riduce al 16,5% per le colture estensive e all’undici per le imprese zootecniche. Decisamente più bassa
l’incidenza delle sovvenzioni per la frutticoltura e la produzione di latte (5%) mentre per l’orticoltura si scende al 4% e al 2% per quanto riguarda viticoltura e imprese avicole.BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI